Ciao Federica, ci parli di te?
Sono arrivata in Esserre Pharma 3 anni e mezzo fa. Il mio percorso in questa azienda è particolare, perché ho iniziato come addetta al centralino, un ruolo importante perché rappresenta il primo contatto degli esterni con l’azienda, ma più marginale in un’ottica di operatività. Questo step, seppur temporaneo, è stato fondamentale per me perché mi ha permesso di conoscere le dinamiche interne, di capire la movimentazione dei prodotti, di individuare quelli più venduti, quelli più delicati, quelli che richiedono un lavoro maggiore. Ho iniziato ad avere contatti con tutti i dipartimenti, ho avuto modo di conoscere e comprendere le persone che fanno parte dell’azienda.
Un paio d’anni fa ho invece intrapreso il mio percorso nella supply chain, un dipartimento che è cresciuto enormemente in Esserre Pharma (di pari passo con la crescita dell’azienda).
Cosa si intende per “supply chain”?
Supply chain letteralmente vuol dire “catena di approvvigionamento”. In poche parole ci occupiamo di tutti quei processi necessari affinché i prodotti vengano immessi sul mercato. Il lavoro del marketing, il lavoro dell’R&D e di tutti gli altri dipartimenti confluiscono nel mio; tutto inizia e finisce con la supply chain.
La supply chain approccia il fornitore e fa sì che le materie prime che ci invia siano tradotte in un prodotto finito, che arriva poi in magazzino e viene venduto. La supply chain è un dipartimento versatile presente in molte aziende, ma qui in Esserre Pharma non è standard. La nostra supply chain tende infatti a svilupparsi in maniera verticale: partiamo dalle origini (dalle materie prime che ci forniscono i coltivatori) fino ad ottenere un prodotto. Il mio è un ruolo molto ampio, sviluppare le idee e trasformarle in qualcosa di concreto mi permette di avere scambi con fornitori, clienti e clienti finali. È un lavoro dinamico, che mi offre la possibilità di imparare tanto e di mettermi in gioco.
Quale è la tua giornata tipo?
Ho chiaramente una serie di attività da portare avanti durante la giornata, ma principalmente le mie giornate le passo al telefono con fornitori, trasportatori, colleghi. C’è uno scambio continuo. Quello che penso sia centrale nel mio ruolo (e nel mio dipartimento) è la relazione, perché il rapporto umano in questa tipologia di lavoro è fondamentale. È vero che c’è un rapporto di fornitura, che si parla di affari, ma il lato umano è quello che fa la differenza, che ti spinge a fare il tuo lavoro con passione e che ti fa raggiungere i risultati in maniera più positiva.
Mi capita di andare io stessa a visitare i campi e andare in loco mi offre la possibilità di parlare con gli agricoltori, capirne esigenze e difficoltà mi apre la mente e mi fa capire come poterli aiutare al fine di creare valore insieme.
Non ti nego che, durante la pandemia, la nostra azienda è riuscita a limitare i danni proprio grazie a questa strategia: centralizzare la supply chain sul nostro territorio. Il territorio, nell’ottica del nostro progetto, è un tesoro e chiaramente in un momento in cui lo scambio tra paesi era impossibile, avere tutto in casa ci ha facilitato il percorso, limando i ritardi e le rotture di stock (mancanze di prodotto).
Sono orgogliosa del lavoro che stiamo facendo tutti. Ho dei colleghi fantastici, non è facile trovare un ambiente così sereno e collaborativo. Ciascuno di noi ha un ruolo e delle competenze e le mette a disposizione dell’altro. Questo è un punto di felicità per me. Il lavoro di squadra è insostituibile.
Il covid ha temprato l’azienda in termini di supply chain?
I nostri fornitori diretti sono tutti italiani, quindi nella fase del lockdown e del covid la nostra strategia si è sicuramente dimostrata vittoriosa.
Il problema più grande però l’abbiamo riscontrato in seguito al conflitto tra Russia ed Ucraina, che ha generato dinamiche molto difficili da gestire. Per diversi mesi, componenti necessari a consegnare il prodotto finito non sono stati facilmente reperibili. La carta, ad esempio, o l’alluminio hanno subito shortage notevoli. È stato un problema che ha richiesto un confronto tra la supply chain e l’R&D, perché modificare il packaging di un prodotto richiede molte verifiche in termini di qualità e stabilità. Sono stati mesi che hanno fortificato i nostri pilastri di mediterraneità e sostenibilità e ci hanno donato la consapevolezza del valore umano e professionale della nostra azienda.
Le prime fasi della nascita di un prodotto si svolgono nel laboratorio R&D e poi che succede?
Una volta avuto il via libera dall’R&D, la supply chain inizia ad occuparsi della reperibilità delle materie prime necessarie alla produzione. Verificata e approvata la formulazione anche dal lato della supply chain, in termini di fattibilità, vengono valutati terzisti che si occupino del formato desiderato: bustine, compresse, barattolo, liquidi. Fatto questo, parte la negoziazione di prezzo, viene scelto il pack più adatto, viene valutata la sostenibilità dei materiali. Trovata la quadra, si procede con lo sviluppo del prodotto.
Quanto tempo richiede lo sviluppo di un prodotto?
In termini di supply chain ci sono dei tempi standard. Prima del covid e della guerra eravamo sui 90 giorni, oggi sui 120.
Esserre Pharma è generalmente veloce nello sviluppo di nuovi prodotti, perché alla base ci sono idee molto chiare. Lanciamo tanti prodotti in poco tempo e tutti molto validi, perché il nostro dipartimento R&D è eccellente. Nel 2023 ne abbiamo già immessi sul mercato due e ce ne saranno degli altri!
Pensi che la sostenibilità cambierà il tuo settore nel tempo?
Sicuramente lo cambierà. Il problema al momento sono però i costi molto elevati. Per avere dei prodotti davvero sostenibili anche nel confezionamento, l’azienda affronta una spesa ingente che va a sommarsi ai costi di produzione. Alla luce del grande valore che scegliere una produzione sostenibile genera per tutto il pianeta, ritengo che dovrebbero esserci più incentivi ed agevolazioni, altrimenti rimarrà sempre un discorso elitario. Noi stiamo lavorando per diventare autonomi in termini di sostenibilità, per essere circolari. Il progetto di valorizzazione che sto seguendo adesso mi appassiona tantissimo e ci permetterà di esserlo sempre di più.
Cosa differenzia i prodotti Esserre Pharma dagli altri?
Credo che si differenzino per la loro qualità. Io assumo alcuni dei nostri prodotti con regolarità e posso certificarne l’efficacia. A parte questo però, ritengo che ciò che fa la differenza sia la storia dietro ogni nostro prodotto, l’attenzione che poniamo nella valorizzazione del territorio, gli estratti naturali ottenuti da materie prime che arrivano direttamente dal campo, il sostegno ed il coinvolgimento degli agricoltori, il lavoro delle persone che si impegnano per fornirci il prodotto finito. Tutto questo poi è circoscritto al territorio italiano, nei nostri prodotti c’è l’Italia nella sua essenza più pura.
C’è un prodotto che hai visto nascere a cui sei particolarmente legata?
Sono particolarmente legata al nostro prodotto storico, Colber, che è stato il primo di cui ho seguito lo sviluppo.
Individuare le materie prime, selezionarle, inviarle al terzista entro i termini, vederne la trasformazione in polvere e poi in compressa, stringerne tra le mani l’astuccio, sapere che viene venduto in tutta Europa. Questo processo dà grande soddisfazione. È quasi come se fosse la nascita di un figlio.
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