Fibre nella prevenzione e nel trattamento di sovrappeso e obesità: modulazione del microbiota e del senso di fame

L'obesità è una condizione metabolica caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso corporeo, cronica e autoaggravante, che può portare a diverse comorbidità, tra cui malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, ipertensione, dislipidemia, alcune forme di cancro e disturbi respiratori. In un contesto in cui la prevenzione e la gestione delle malattie non trasmissibili sono diventate priorità sanitarie globali, comprendere le dinamiche epidemiologiche dell'obesità in Italia è fondamentale per sviluppare strategie efficaci di intervento. 

Epidemiologia dell'obesità in Italia 

L’obesità è un problema di salute pubblica di rilevanza globale, e l'Italia non fa eccezione: possiamo parlare di vera e propria epidemia di obesità nel mondo occidentale. Negli ultimi trent'anni, l'incidenza dell'obesità nel nostro Paese ha mostrato un trend preoccupante, con un aumento significativo dei tassi di prevalenza tra adulti e bambini.  

Sovrappeso e obesità negli adulti 

L’Italian Obesity Barometer Report (IOBR) fornisce una fotografia dettagliata sull’evoluzione dell’obesità in Italia, mettendo in evidenza i trend e l’impatto di questa condizione sulla salute pubblica. Dai dati del 2022 emerge un quadro allarmante: la prevalenza dell’obesità tra gli adulti italiani è in costante aumento. Attualmente, il 12% della popolazione adulta soffre di obesità (con un indice di massa corporea – BMI ≥ 30), mentre il 34,2% è in sovrappeso (BMI tra 25 e 29,9). Questo significa che oltre il 46% degli italiani adulti presenta un peso corporeo superiore alla norma, per un totale di più di 25 milioni di persone. Le prevalenze più basse di eccesso di peso si riscontrano tra le giovani di 18-24 anni (13,7% vs il 24,5% dei loro coetanei maschi), mentre quelle massime si rilevano tra gli uomini di 65-74 anni (69,2% vs il 52,8% delle coetanee).  

Le differenze di genere sono marcate, con gli uomini in svantaggio rispetto alle donne in tutte le età. Nella popolazione adulta l’obesità riguarda complessivamente il 12,9% degli uomini e l’11,1% delle donne. A 18-24 anni le prevalenze sono più contenute e molto simili tra uomini e donne (rispettivamente 4,4% e 4,2% nel 2021), ma quadruplicano nella classe 65-74 anni, raggiungendo il 18,8% tra gli uomini e il 16,5% tra le loro coetanee.  

Sovrappeso e obesità tra i bambini e gli adolescenti 

L’indagine “Okkio alla salute” curata dall’Istituto Superiore di Sanità, che dal 2007 monitora le abitudini alimentari e il peso corporeo dei bambini e degli adolescenti italiani, ha evidenziato dati preoccupanti anche tra i più giovani, con tassi di obesità infantile che si aggirano intorno al 10% e sono ormai stabilizzati da circa un decennio. La situazione è particolarmente allarmante nelle regioni del Sud, dove i tassi di obesità sono superiori rispetto alle regioni del Nord, anche se la diffusione del fenomeno è trasversale a tutte le aree geografiche italiane. L'obesità infantile in Italia è un fenomeno crescente e preoccupante. Secondo il rapporto "Okkio alla salute 2023", circa il 19% dei bambini italiani tra i 6 e gli 11 anni è in sovrappeso, e il 10% è obeso. La prevalenza dell'obesità è più alta nelle regioni meridionali, dove fattori come le abitudini alimentari, la minore accessibilità a stili di vita sani e la scarsa attività fisica sembrano giocare un ruolo determinante. Un altro studio, condotto dall'ISS, ha osservato come l'obesità nei bambini sia strettamente legata a variabili socioeconomiche, con famiglie a basso reddito che mostrano una maggiore difficoltà nell'adottare stili di vita salutari. In Campania si è registrato nel 2023 un tasso di sovrappeso e obesità complessivo tra i bambini superiore al 43%, tra i più alti del mondo intero. 

 

 

Differenze geografiche 

 

Geograficamente, le regioni del Sud Italia mostrano i tassi più elevati di obesità. Il valore minimo dell’eccesso di peso si registra in Liguria sia negli uomini (47,2%) sia nelle donne (30,3%), mentre il valore massimo negli uomini si rileva in Campania (62,6%) e nelle donne in Basilicata (47,1%).  

Questo divario riflette differenze socioeconomiche e culturali, con il Sud che registra anche tassi più alti di sovrappeso (oltre il 40% in alcune regioni). L’obesità è, infatti, fortemente correlata a fattori socioeconomici. Gli adulti con un basso livello di istruzione o provenienti da famiglie con reddito modesto tendono ad avere una maggiore prevalenza di obesità, complice l’accesso limitato a cibi sani e a opportunità per l’attività fisica, oltre che, come evidenziato da alcuni studi del CREA, una minor conoscenza dei principi di base della nutrizione. 

Impatto sul sistema 

Le implicazioni per la salute pubblica sono significative. L’obesità è associata a numerose comorbidità: circa il 70% degli adulti obesi presenta almeno una condizione cronica correlata, come diabete di tipo 2, ipertensione, dislipidemia e malattie cardiovascolari. Il rischio di sviluppare queste patologie è più che raddoppiato negli obesi rispetto a chi ha un peso nella norma. L’OMS stima che l’obesità contribuisca al 7-8% di tutte le morti premature in Europa.  

L’incremento dell’incidenza delle malattie croniche ha un impatto significativo anche sul sistema sanitario nazionale, con costi diretti stimati tra i 6,8 e i 7,6 miliardi di euro all’anno, includendo il trattamento delle comorbidità e le spese ospedaliere. Inoltre, l'obesità grava sul sistema anche con costi indiretti legati alla perdita di produttività e al lavoro. 

In definitiva, l’obesità rappresenta una delle maggiori sfide per la salute pubblica in Italia. I dati dell’IOBR evidenziano l’urgenza di interventi multidisciplinari per affrontare questa epidemia. È necessario un impegno congiunto per promuovere uno stile di vita sano, migliorare l’educazione alimentare e garantire l’accesso a opportunità di attività fisica, soprattutto nelle regioni e nei gruppi sociali più colpiti. Solo con strategie integrate sarà possibile invertire il trend crescente e mitigare gli effetti a lungo termine dell’obesità sulla salute e sull’economia del Paese. Il Nutrizionista territoriale, opportunamente formato, può diventare una figura centrale per veicolare messaggi corretti alla popolazione in termini di prevenzione dell’eccesso di peso e delle patologie correlate all’obesità. 

 

Fattori che contribuiscono all'aumento dell'obesità 

Numerosi sono i fattori che contribuiscono all'aumento dei tassi di obesità in Italia, tra cui i cambiamenti nello stile di vita, l'alimentazione poco equilibrata e sempre meno mediterranea e più occidentalizzata, la sedentarietà e le disuguaglianze sociali ed economiche. Il cambiamento delle abitudini alimentari, con un crescente ricorso a cibi ad elevata concentrazione energetica, ricchi di zuccheri e grassi, è uno dei principali motori dell'epidemia di obesità. Lo studio “Epic” (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), condotto in diversi Paesi europei, ha mostrato come una dieta ricca di alimenti trasformati e povera di frutta, verdura e fibre sia correlata a un maggiore rischio di sviluppare obesità e malattie croniche. L'aumento del consumo di bevande zuccherate, snack confezionati e cibi ultraprocessati è ormai una tendenza consolidata, in particolare tra i bambini e i giovani adulti. Colazioni inadeguate, merende troppo abbondanti ed elevato consumo di bevande e succhi ricchi in zuccheri hanno contribuito a peggiorare il quadro. 

In parallelo, la sedentarietà si è rivelato un altro fattore cruciale. È stato infatti registrato un incremento dell'inattività fisica, legato anche all'urbanizzazione e alla diffusione di dispositivi tecnologici, che hanno ridotto il livello di attività fisica giornaliera. Dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) suggeriscono che circa il 30% degli adulti italiani non soddisfa le raccomandazioni di attività fisica, con una netta prevalenza di questo fenomeno tra le donne e gli anziani. 

 

Intervento nutrizionale e nutraceutico. 

Il sovrappeso e l'obesità sono generalmente causati da uno squilibrio tra l'apporto calorico e il dispendio energetico, ma numerosi fattori biologici, psicologici e ambientali influenzano il comportamento alimentare e la gestione del peso corporeo. Tra le strategie più promettenti per contrastare questa condizione, un ruolo significativo è ricoperto dalla modulazione della dieta, in particolare attraverso l'integrazione di fibre solubili non viscose prebiotiche. 

In questo contesto, le fibre alimentari, in particolare quelle solubili non viscose come le destrine resistenti, possono avere un impatto cruciale sia nel trattamento che nella prevenzione del sovrappeso e dell'obesità. Esse non solo migliorano la funzione intestinale, ma sono anche in grado di modulare il microbiota intestinale e, attraverso la produzione di acidi grassi a catena corta (SCFAs), influenzano il senso di fame e sazietà.  

Il ruolo delle fibre solubili prebiotiche nella regolazione del peso corporeo 

Le fibre e il loro impatto sul microbiota intestinale 

Le fibre alimentari sono rappresentate prevalentemente da carboidrati complessi che non possono essere digeriti dagli enzimi umani. Alcune di esse hanno caratteristiche di fermentescibilità da parte del microbiota intestinale. Esistono diverse tipologie di fibre, tra cui quelle solubili, che si dissolvono in acqua e possono formare gel viscosi o meno, e quelle insolubili, che non si dissolvono e aumentano il volume delle feci. Le fibre solubili, in particolare quelle con caratteristiche prebiotiche, che fungono cioè da nutrimento per i batteri che costituiscono il microbiota, sono note per la loro capacità di modulare la composizione e l'attività del microbiota intestinale stesso, stimolando la crescita di batteri benefici come Bifidobacteria e Lactobacilli. Questa modulazione microbiotica ha effetti diretti sulla funzionalità intestinale e sulla regolazione energetico-metabolica. 

Le fibre solubili non viscose, come le destrine resistenti, sono un tipo particolare di fibra che, pur essendo solubile in acqua, non forma gel viscosi e sono resistenti alla digestione nelle porzioni superiori dell'intestino. Queste fibre sono fermentate dai batteri intestinali nel colon, producendo acidi grassi a catena corta (SCFAs) come acido butirrico, acido acetico e acido propionico. Gli SCFAs hanno un effetto significativo sul metabolismo e sulla salute intestinale, influenzando il controllo del peso corporeo e la regolazione dell'appetito. 

La produzione di SCFAs: effetto sul metabolismo e sulla sazietà 

Gli SCFAs sono i principali prodotti della fermentazione delle fibre solubili da parte del microbiota intestinale. Questi acidi grassi hanno un ruolo fondamentale nella modulazione del metabolismo energetico e del comportamento alimentare. Quando le fibre vengono fermentate nel colon, vengono prodotte piccole quantità di SCFAs che vengono poi assorbiti dalla mucosa intestinale e trasportati nel sangue, dove esercitano numerosi effetti fisiologici. Tra i principali effetti degli SCFAs vi è la loro capacità di influenzare la produzione di ormoni intestinali, tra cui il Glucagone-like peptide-1 (GLP-1). 

Il GLP-1 è un ormone intestinale che gioca un ruolo cruciale nella regolazione del metabolismo energetico, stimolando la secrezione di insulina e inibendo la secrezione di glucagone, con l'obiettivo di ridurre i livelli di glucosio nel sangue. Inoltre, il GLP-1 è coinvolto nella regolazione della sazietà centrale, un processo che avviene nel cervello e che segnala al corpo quando è il momento di smettere di mangiare. Gli SCFAs, prodotti dalla fermentazione delle fibre solubili non viscose, hanno dimostrato di stimolare la secrezione di GLP-1, contribuendo a migliorare il controllo dell'appetito e a promuovere un effetto di sazietà duraturo. 

Sazietà centrale vs. satiation: concetti chiave nella gestione del peso 

È importante fare una distinzione tra satiation (pienezza) e satiety (sazietà centrale), due concetti che, sebbene correlati, si riferiscono a meccanismi fisiologici differenti. La satiation si riferisce alla sensazione di pienezza che si sviluppa durante il pasto, in risposta all'allungamento dello stomaco e alla distensione intestinale, che inviano segnali al cervello per fermare l'assunzione di cibo. Questo fenomeno è legato al comportamento alimentare durante il pasto. 

La satiety, invece, si riferisce alla sensazione di sazietà che persiste dopo aver terminato un pasto, ovvero alla durata del senso di pienezza che previene il desiderio di mangiare. La sazietà centrale è regolata da una serie di segnali ormonali e nervosi che provengono dall'intestino, e qui gli SCFAs e il GLP-1 giocano un ruolo fondamentale. L'attivazione di queste vie ormonali è cruciale per il controllo del peso, poiché favorisce la sensazione di sazietà a lungo termine, riducendo la sensazione di fame e il rischio di eccesso alimentare. 

Le fibre solubili non viscose si trovano principalmente nei cereali integrali e nei legumi, ma possono essere anche prodotte industrialmente come integratori alimentari. Quando consumate, le destrine resistenti fermentano nel colon e producono SCFAs che attivano i recettori nei neuroni intestinali e stimolano la produzione di GLP-1, il quale, come accennato, ha un effetto potente nel ridurre l'appetito e promuovere la sazietà. 

Effetti della fibra sulla sazietà: impatto sulla fisiologia del digerente 

  • Fase cefalica della digestione 

È la fase che precede l’arrivo di cibo nella stomaco, è mediata dall’esposizione a stimoli quali pensare al cibo, vedere, odorare il cibo e masticarlo. La presenza di fibre insolubili, incrementando i tempi di masticazione, può contribuire alla sazietà, intesa come satiety. 

  • Fase gastrica della digestione, volume gastrico e tempo di ritenzione del cibo/chimo nel tubo digerente 

L’ingestione del cibo causa distensione gastrica con invio, tramite il nervo vago, di segnali di sazietà al sistema nervoso centrale. La durata della distensione viene influenzata dalla velocità di svuotamento gastrico. Le fibre solubili, soprattutto viscose, mantengono più a lungo il cibo nello stomaco e ne rallentano la velocità di svuotamento agendo anche tramite meccanismi a valle del tratto gastrointestinale. 

Infatti, nell’intestino, l’aumento della viscosità del chimo indotto dalle fibre, con azione dose dipendente, riduce l’interazione tra enzimi digestivi e substrati con rallentamento di digestione e assorbimento. In questo modo viene prolungato l’arrivo di macronutrienti a livello dell’ileo distale con stimolazione delle cellule enteroendocrine della mucosa ileale a produrre gli ormoni peptidici (incretine) quali GLP-1 e Peptide YY (PYY). 

Questi riducono la mobilità dello stomaco e ne rallentano lo svuotamento, prolungando la sazietà, intesa come satiation e, allo stesso tempo, ottimizzano l’equilibrio tra digestione e assorbimento. 

Questi meccanismi vengono definiti ileal brake o freno ileale della mobilità gastrica. Ma GLP-1 e PYY, inoltre, inducono sazietà anche a livello ipotalamico, per via del meccanismo descritto precedentemente, poiché la sintesi di GLP1 e PYY viene indotta anche dagli acidi grassi a catena corta (SCFAs) prodotti dal microbiota a seguito di fermentazione soprattutto delle fibre solubili non viscose. 

 

Il Nutrizionista nell'approccio al sovrappeso e obesità 

Il Nutrizionista, oltre a elaborare regimi alimentari personalizzati, partendo sempre da una valutazione dello stato nutrizionale completa lungo i tre assi ematochimici, testali e antropometrici, eseguendo preferibilmente un’analisi bioimpedenziometrica vettoriale e tenendo conto di eventuali diagnosi formulate dal medico, può avvalersi dunque anche di integratori nutraceutici come la fibra funzionale. L'integrazione con fibre solubili non viscose prebiotiche, come le destrine resistenti, è una strategia utile che il Nutrizionista può adottare per ottimizzare la gestione del peso corporeo. Questa integrazione è particolarmente efficace nei pazienti che soffrono di obesità, poiché migliora non solo la salute intestinale ma anche il controllo del peso, stimolando la produzione di SCFAs che come abbiamo visto promuovono la sazietà centrale, senza dimenticare che il fabbisogno giornaliero di fibra da parte degli italiani è raramente soddisfatto. 

Conclusioni 

In sintesi, le fibre solubili non viscose prebiotiche, come le destrine resistenti, hanno un ruolo importante nella prevenzione e nel trattamento del sovrappeso e dell'obesità. La loro capacità di modulare il microbiota intestinale e stimolare la produzione di SCFAs è fondamentale per regolare il metabolismo energetico e il comportamento alimentare. Gli SCFAs, a loro volta, promuovono la produzione di GLP-1, un ormone che riduce l'appetito e favorisce la sazietà centrale, contribuendo così al controllo del peso corporeo. 

L'integrazione di queste fibre nella dieta rappresenta una strategia efficace per i pazienti che lottano con il sovrappeso e l’obesità, specialmente in un contesto in cui la gestione del peso si fonda non solo sull’apporto calorico, ma anche sulla regolazione ormonale e microbiotica. Un approccio così integrato ed evoluto non solo migliora il controllo del peso, ma promuove anche una miglior qualità della vita per i pazienti.